Le radio di un tempo non avevano nulla a che fare con microchip, connessioni o altro ancora. Erano invece costituite da valvole, strumenti che devono la loro nascita a tre geni della fisica: Thomas Edison, John Ambrose Fleming e Lee De Forest.
Valvola termoionica
Il funzionamento della radio d’epoca è strettamente connesso a quello dei componenti termoionici. Questi sono detti tali per via di una loro caratteristica, scoperta verso la metà dell’800. Un metallo se riscaldato emette elettroni. Tuttavia solo in uno spazio vuoto è possibile che questi vengano attratti da un polo positivo.
Nell’aria infatti vengono neutralizzati. Ed è questo il principio su cui si è basata la costituzione delle prime valvole termoioniche. Il termine tuttavia risulta errato. Le prime teorie infatti parlavano di flussi di ioni. L’espressione è rimasta conservata ma sarebbe più corretto parlare di termoelettricità.
Tuttavia se si alzano troppo le temperature, determinati metalli si sciolgono. Queste particolare lampadine che troviamo nelle radio più vecchie dunque devono essere costituite da un materiale specifico.
Il metallo che fonde a temperature abbastanza elevate da poter essere una fonte sicura di flussi protonici è il tungsteno. Questi garantisce una buona emissione, potendo restare integro fino a 3800 gradi.
Inoltre col tempo questi è stato coperto con dell’ossido. In questo modo già a 700 gradi si riusciva ad ottenere bei risultati.
Diodo e Triodo
Tra le prime forme di valvola termoionica abbiamo il Diodo e il Triodo. Nel primo caso abbiamo solo un cadoto che emette elettroni e un anodo o placca che li riceve. Quest’ultimo è un piccolo cilindro metallico posto a pochi millimetri di distanza dalla fonte del flusso. Inoltre viene poisizionato in modo tale che circondi la placca.
Nel trido si aggiunge una spirale di filo. Questa prende il nome di Griglia controllo. Con questi dispositivi si riesce a controllare la corrente elettrica. In questo sistema si aggiunge grazie ad un condensatore, un segnale variabile, con cui si può gestire la corrente dell’anodo.
Nelle prime radio si usava una particolare batteria che svolgeva queste funzioni. Col tempo si è affermata la polarizzazione automatica, ottenuta unendo il catodo ad una massa. Inoltre i triodi si sono affermati nell’amplificazione del volume delle radio.
Tetrodo e pentodo
Il Triodo non può essere utilizzato nella radiofrequenza a causa di un’elevata capacità parassita. Il problema venne risolto con l’invenzione del tetrodo. Si ottiene ponendo un’ulteriore griglia fra quella di controllo e l’anodo. Il nuovo dispositivo prende il nome di griglia schermo.
Il nuovo schermo, per evitare di essere identico a quello precedente, deve essere collegato all’anodica tramite un nuovo strumento ossia il partitore di resistenze. Il tetrodo risolverà tanti problemi ma nello stesso istante ne presenterà un altro, assolutamente inedito. Questo sistema nelle radio causerà problemi di distorsione.
Per questo ancora oggi il tetrodo non viene usato in sistemi reali, in quanto causa un’emissione secondaria.
Nasce dunque il pentodo, il quale, al sistema precedente, aggiunge una griglia di soppressione. In questo modo fu risolta la distorsione e si ottennero radio con ottime prestazioni. Questo sistema comportò infatti una larga banda, un’alta amplificazione e una bassa distorsione.
Ovviamente col tempo sono state prodotte nuove valvole. In genere gli esodi, eptodi, ottodi ed altro ancora sono detti multigriglia. Questi sono presenti nell’ambito del radio tecnico.